Se si parla di radici, si evoca l’immagine di un albero; se l’Europa viene pensata come un albero — oggi più o meno rigoglioso — non si riesce ad individuare una logica nell’atteggiamento di chi gli si avvicina, si ripara alla sua ombra, ne stacca i suoi frutti, ne gusta il sapore, ma, mentre fa tutto ciò, non vuol riconoscere l’esistenza di ciò che consente a quella stessa pianta di stare in piedi e di reggersi. Si può dire sì ai rami, sì alle foglie, sì ai frutti, e no alle radici?
L’Europa semplicemente non esisterebbe se si eliminassero le sue radici. E le sue radici sono cristiane. Affermarlo significa individuare un dato storico determinante per capire da dove veniamo. Non c’è bisogno di amare la lingua latina per riconoscere che molte delle lingue che oggi sono in uso in Europa derivano dal latino; non c’è bisogno di essere cristiani per vedere nelle migliaia di chiese, di cattedrali, di edifici che popolano le città d’Europa, che il cristianesimo ha segnato profondamente la nostra storia.
Ogni nazione europea, dalla Polonia all’Irlanda, dalla Francia alla Spagna, dalla Danimarca all’Ungheria, è stata fondata da un Santo, o deve a un Santo la sua identità.
Affermava Goethe: “L’Europa è nata in pellegrinaggio”.